MONUMENTO AL GABBIANO JONATHAN LIVINGSTON

(le frasi di Mario Lupo sono tratte da “Il mio incontro con Jonathan” – catalogo per l’inaugurazione del monumento – 25 maggio 1986)


Con la memoria ritorno ad un ormai lontano giorno del 1978, quando dal Circolo dei Sambenedettesi mi telefonarono per chiedermi se volevo realizzare un monumento al gabbiano. Meraviglia, stupore, profonda sensazione di gioia si fusero con la soddisfazione di essere invitato a progettare un'opera duratura e significativa non solo per la città, ma per chiunque apprezzi l'arte e con essa voglia in qualche modo misurarsi.
Per tanti anni il gabbiano era stato, ed è ancora, l'amico spirituale dei miei sogni, il compagno fedele delle mie ore di solitudine e l'oggetto ricorrente, anzi dominante, dei miei quadri. Non sono uno scultore, ma l’opportunità affascinante di diventarlo mi coinvolse immediatamente.
Cominciarono così le mie nottate insonni, il mio fantasticare, il mio tormentato immaginare e la mia estasi di fronte ad un monumento che già vedevo realizzato e che esprimeva tutto l'appagamento del mio sognare giovanile, quando da un piccolo oblò della mia cuccetta (allora andavo per mare), mi involavo con i gabbiani verso cieli azzurri e mari placidi o burrascosi. Passeggiate sul molo, in solitudine, ma con una grande carica interiore, per cercare il posto più bello tra la scogliera del porto ove collocare la mia "creatura". E giù foto e abbozzi, e ancora foto e disegni a non finire.

Finché un giorno ... a Roma, al ristorante “L’Antica Pesa” di Trastevere, dove mi trovavo con l’amico Bruno Bianchi e mio figlio Riccardo, intravidi nella macchia anulare, lasciata da un bicchiere di vino sulla tovaglia, la soluzione ideale per dare la struttura al monumento: il cerchio, la perfezione, l’essenziale filo di unione tra Jonathan lassù in alto, così spirituale, e gli altri gabbiani, rimasti “a pascolare”. Ed ecco nascere nuovi bozzetti, nonché i primi calcoli per la costruzione del grande cerchio, la cui ragguardevole dimensione doveva dare al monumento eleganza, imponenza, solidità. Un cerchio in acciaio inossidabile, in netto contrasto con il bronzo dei gabbiani, per offrire la massima resistenza ai venti impetuosi adriatici, ma senza togliere all’opera tutta la necessaria parvenza di leggerezza.


Vedo nascere così anche il grande protagonista del monumento, partecipando alla magica metamorfosi del mio modello di polistirolo prima in cera, poi in bronzo.



…il monumento da erigersi doveva essere dedicato non ad un gabbiano ma al Gabbiano Jonathan Livingston, al protagonista del magnifico romanzo di Richard Bach che, guarda caso, mi era stato donato qualche anno prima da un amico sambenedettese con la dedica: “Questo libro ti porterà fortuna”.


È bello pensare che il monumento si è realizzato soprattutto per volere dei Cittadini sambenedettesi ai quali va tutta la mia affettuosa riconoscenza.
Sono nato a Giulianova il 1° Luglio del 1926, ma sono sambenedettese anch’io ormai da vent’anni: per questo dedico il mio lavoro alla cittadinanza tutta, quale omaggio e ringraziamento della fraterna accoglienza qui ricevuta quando, proveniente da Ancona, scelsi questa stupenda riva per il mio felice "approdo". Mi sento onorato di aver avuto l’ambìto incarico e sono grato per questo al Circolo dei Sambenedettesi.
Con la coscienza di avere ben operato professionalmente, mi auguro di essere riuscito a trasfondere in quest’opera i sentimenti che, vivendo per essa in questi anni, mi hanno costantemente animato.


MONUMENTO
AL GABBIANO JONATHAN LIVINGSTON

(le frasi di Mario Lupo sono tratte
da “Il mio incontro con Jonathan” – catalogo per l’inaugurazione del monumento –
25 maggio 1986)


Con la memoria ritorno ad un ormai lontano giorno del 1978, quando dal Circolo dei Sambenedettesi mi telefonarono per chiedermi se volevo realizzare un monumento al gabbiano. Meraviglia, stupore, profonda sensazione di gioia si fusero con la soddisfazione di essere invitato a progettare un'opera duratura e significativa non solo per la città, ma per chiunque apprezzi l'arte e con essa voglia in qualche modo misurarsi.
Per tanti anni il gabbiano era stato, ed è ancora, l'amico spirituale dei miei sogni, il compagno fedele delle mie ore di solitudine e l'oggetto ricorrente, anzi dominante, dei miei quadri. Non sono uno scultore, ma l’opportunità affascinante di diventarlo mi coinvolse immediatamente.
Cominciarono così le mie nottate insonni, il mio fantasticare, il mio tormentato immaginare e la mia estasi di fronte ad un monumento che già vedevo realizzato e che esprimeva tutto l'appagamento del mio sognare giovanile, quando da un piccolo oblò della mia cuccetta (allora andavo per mare), mi involavo con i gabbiani verso cieli azzurri e mari placidi o burrascosi. Passeggiate sul molo, in solitudine, ma con una grande carica interiore, per cercare il posto più bello tra la scogliera del porto ove collocare la mia "creatura". E giù foto e abbozzi, e ancora foto e disegni a non finire.

Finché un giorno ... a Roma, al ristorante “L’Antica Pesa” di Trastevere, dove mi trovavo con l’amico Bruno Bianchi e mio figlio Riccardo, intravidi nella macchia anulare, lasciata da un bicchiere di vino sulla tovaglia, la soluzione ideale per dare la struttura al monumento: il cerchio, la perfezione, l’essenziale filo di unione tra Jonathan lassù in alto, così spirituale, e gli altri gabbiani, rimasti “a pascolare”. Ed ecco nascere nuovi bozzetti, nonché i primi calcoli per la costruzione del grande cerchio, la cui ragguardevole dimensione doveva dare al monumento eleganza, imponenza, solidità. Un cerchio in acciaio inossidabile, in netto contrasto con il bronzo dei gabbiani, per offrire la massima resistenza ai venti impetuosi adriatici, ma senza togliere all’opera tutta la necessaria parvenza di leggerezza.


Vedo nascere così anche il grande protagonista del monumento, partecipando alla magica metamorfosi del mio modello di polistirolo prima in cera, poi in bronzo.



…il monumento da erigersi doveva essere dedicato non ad un gabbiano ma al Gabbiano Jonathan Livingston, al protagonista del magnifico romanzo di Richard Bach che, guarda caso, mi era stato donato qualche anno prima da un amico sambenedettese con la dedica: “Questo libro ti porterà fortuna”.


È bello pensare che il monumento si è realizzato soprattutto per volere dei Cittadini sambenedettesi ai quali va tutta la mia affettuosa riconoscenza.
Sono nato a Giulianova il 1° Luglio del 1926, ma sono sambenedettese anch’io ormai da vent’anni: per questo dedico il mio lavoro alla cittadinanza tutta, quale omaggio e ringraziamento della fraterna accoglienza qui ricevuta quando, proveniente da Ancona, scelsi questa stupenda riva per il mio felice "approdo". Mi sento onorato di aver avuto l’ambìto incarico e sono grato per questo al Circolo dei Sambenedettesi.
Con la coscienza di avere ben operato professionalmente, mi auguro di essere riuscito a trasfondere in quest’opera i sentimenti che, vivendo per essa in questi anni, mi hanno costantemente animato.